A Praying Leaf...





A Praying Leaf...La potenza di un sussurro. Grande spirito evocativo, grande suggestione di dinamismo e profondità.


Segnatelo fra i preferiti questo spoken words,che rasenta i muri della parete della quarta dimensione.

E’ un approccio raro nella recitazione di Ivo De Palma per chi ha seguito fin ora questa rassegna di ‘scorribande’, è il contatto con l’universalità della sensibilità femminile nel formato di video arte che intreccia pittura e poesia.


Sullo sfondo c’è l’influenza magnetica e sussurrata trasmessa dalla poetessa ‘ungarettiana’ Mariangela Gualtieri fondatrice nel 1983 del Teatro Valdoca 1983 insieme a Cesare Ronconi, poetessa ed artista contemporanea sicuramente da scoprire se non l’avete già fatto.



Un filamento poetico sottilissimo, leggiadro, dal tocco lieve, senza ‘Io’ da donna, ripercorre il lato infinito della realtà con valenza universale, una delle penne poetiche più interessanti del nostro tempo [ricordiamo Antenata" (Crocetti, 1992), "Fuoco centrale" (Einaudi, 2003) e "Senza polvere senza peso" (Einaudi, 2006).] vibra ora nel sussurro vocale, quasi in forma di preghiera di Ivo De Palma, in una performance fortemente influenzata da questa magnetica personalità tutta da scoprire.

Un intricato umore boschereccio, una sequenza rampicante di parole abbraccia un concept dedicato a Carolina Granato in un ancestrale e solare richiamo tra arte e autobiografia che rivela scorci di vita all’interno delle sue opere pittoriche.

Un corollario di sensibililità a pelo d’acqua, palpabile anche nel minimalismo sonoro affidato a loop immersi nel rise & fall di una computer grafica semplice ma d’effetto con lo scorrere di foglie da primavera giapponese.




L'INTERVISTA a Ivo De Palma



Ci tieni a metterlo in risalto. Ivo De Palma recita rarissimamente testi di autrici femminili e questa volta le tue scorribande approdano nelle liriche di Mariangela Gualtieri. E dunque, come mai questo 'grande passo'? E che gioco psicologico di immedesimazione c'è per un uomo nel leggere un testo come questo?


Mariangela Gualtieri è una che veramente se non esistesse bisognerebbe inventarla, perché la sua scrittura presenta una ricerca sui significanti e sul loro suono, spesso proposto in iterazione espressiva, sempre interessantissima per un professionista della voce. Il suo stile, ora vagamente, ora dichiaratamente ieratico (come la sua stessa esile figura durante i suoi recital) mi intriga e mi interessa molto, anche perché più facilmente abbatte le barriere di sesso, diventando espressione di un sentire universale. Una delle maggiori difficoltà di certi repertori è infatti il loro esplicito riferimento a universi del tutto alieni da chi deve interpretarli: culturali, ma anche solo anagrafici (troppo diversa età) o di appartenenza sessuale. Per questo difficilmente mi azzardo a proporre qualcosa che espressamente provenga dalla sensibilità femminile, anche se potrei comunque farlo con l'alibi dell'esperimento. Diciamo che, in genere, ho una forma di rispetto per una sensibilità non solo diversa, ma anche molto più complessa di quella maschile. Questa, però, è praticamente una sorta di preghiera, e il fatto che a dirla sia una foglia in qualche modo rende il messaggio un po' più universale.

Carolina Granato e la sua ricerca artistica, cosa ti ha colpito nelle sue opere?

Il tratto particolare della sua matita o del suo carboncino, essenziale ma mai banale. Una certa austera autorevolezza di taluni ritratti. Le opere, tra quelle in cantiere e quelle già prodotte, sono molte di più di quelle che compaiono nel video e verranno presentate quanto prima sul sito internet che Carolina sta preparando. Io mi sono limitato a "piratare" (a sua insaputa, ché volevo farle una sorpresa) le opere presenti sul suo profilo Facebook.

La dicotomia volti - ritratti suggerisce una ricerca autobiografica di Carolina nelle sue opere, è questo il messaggio che hai enfatizzato nel video, raccontami. E quanto è particolare trasmettere - da videomaker - la narrazione di un'idea applicata all'arte pittorica in chiave narrativa?

Il linguaggio audiovisivo vive di dinamiche espressive legate alle immagini e quindi alternare i ritratti al volto di Carolina serve proprio a confermare il legame tra esperienza di vita e maturazione artistica, di cui lei stessa mi ha parlato. In più, il tutto è abbinato al testo salmodiante attribuito a una foglia, che allude all'eterna altalena nascita-morte (tema che già avevo affrontato nella mia primissima scorribanda audiovideo, Eterna Primavera
, riferita all'omonimo quadro della pittrice Silvana Cimieri). E' chiaro che il dato femminile, quindi il volto ricorrente della stessa Carolina, è del tutto pertinente al concetto, sia perché, come madre, la donna è la principale artefice dell'evento "nascita", sia perché, fisiologicamente, la donna si "rinnova" mese dopo mese, quindi anch'essa ha in sé un "ritmo" biologico ricorrente.

La suggestione di contrasto che applichi al video è questo mood boschereccio delicatissimo. Raccontami...

Anche qui, volevo che la dinamica espressiva riferita alle foglie non abbandonasse mai la narrazione, e contaminasse sia le opere di Carolina sia il suo stesso volto, in modo tale da non perdere comunque di vista ciò che il testo di Mariangela Gualtieri intendeva trasmettere.

Un sodalizione che ben si sposa con la ricerca intimistica di un suono millefluo come quello che hai scelto...

Mi occorreva una musica che presentasse un qualche elemento sacrale/liturgico (per esempio il tappeto sonoro delle tastiere, nonché l'iterazione un po' ipnotica della melodia) pur mantenendo connotazioni sostanzialmente moderne. E questo per potervi distendere sopra una voce molto intima, colta nelle sue sfumature più interiori, tenuta molto presente nel mix finale. Mi rendo conto che è una scelta discutibile, e infatti sulla pagina Youtube di questo video c'è un commento non molto tenero (che io ho autorizzato, giacché ogni commento alle mie scorribande compare solo per mia espressa concessione), nel quale mi si attribuisce sostanzialmente il vizio di concentrarmi solo su me stesso. Critica espressa nei dovuti modi, quindi legittima. Mi pare però non si sia compreso, in questo caso, il tentativo di restituire l'intimità, quasi telepatica, di un testo che arriva a un livello così essenziale dell'esistenza. Ogni tentativo può, naturalmente, fallire. Ma bisogna anche considerare che queste mie scorribande mi servono per sperimentare soluzioni comunque non convenzionali. Usare la voce (parlata, ché con quella cantata va da sé) lavorando anche su una certa musicalità, su un timbro non necessariamente pieno, sul dettaglio della ripresa vocale, è qualcosa che non posso fare altrove. Lo faccio quindi per conto mio, senza chiedere soldi a nessuno. Ci metto comunque sempre faccia, nome e cognome, a differenza, spesso, di chi critica.

Sottotitoli, ormai è tua componente estetica più volte sperimentata...L'uso della lingua inglese come diffusore del messaggio del video, dicevi nello scorso post di That Kind Of Love.
Sorge una domanda strutturale: pensare che il doppiaggio in Italia è sempre stato in contrasto con questo concetto, il concetto del sottotitolo che invade il video, o no? Lo armonizzi a suon di effetti grafici ma spiegami questa scelta di fondo (un po' in controtendenza?)


Certamente il doppiaggio non ama il sottotitolo, questo va da sé. Ma un conto è la fruizione di un'intera fiction, tutto un altro è un minuto e mezzo di clip video, che può essere vista e rivista spesso, consentendo al pubblico di cogliere, volta dopo volta, aspetti precedentemente trascurati. Un po' come certi spot pubblicitari, talmente stringati nel montaggio da essere difficilmente intelligibili al primo passaggio, ma che godranno di tale e tanta programmazione da fugare in seguito ogni dubbio.

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