Ancora una volta sulle orme di De Luca







“Non quelli dentro il bunker,
non quelli con le scorte alimentari, nessuno di città,
si salveranno indios, balti, masai,
beduini protetti dal vento, mongoli su cavalli,
e poi uno di Napoli nascosto nel Vesuvio,
e un ebreo avvolto in uno sciame di parole,
per tradizione illesi dentro fornaci ardenti.
Si salveranno più donne che uomini,
più pesci che mammiferi,
sparirà il rock and roll, resteranno le preghiere,
scomparirà il denaro, torneranno le conchiglie.
L’umanità sarà poca, meticcia, zingara
e andrà a piedi. Avrà per bottino la vita,
la più grande ricchezza da trasmettere ai figli.”





Terzo spoken words per Ivo De Palma tra le liriche di Erri De Luca. Armageddon a fuoco lento della cultura occidentale, nei versi di Dopo un sussurrato e profetico disfacimento dei canoni dell’Occidente a fare da protagonista. Elogio al terzo mondo incontaminato e allo stesso tempo meticcio simbolo di una condizione umana allo stato brado. Un’apologia ai mondi remoti, quasi di pasoliniana memoria.



Una cosmologia e un multiculturalismo che Ivo setaccia in un’atmosfera immaginifica e in fase rem densa di un puzzle di iconografie tribali, dai luoghi remoti al Vesuvio, un inno desolato e puro della Terra che vince l’uomo. Misticismo magnetico.



Totem che nella poesia di De Luca si affaccia sulle pagine di Sola Andata, un poema contemporaneo che è un presagio civile e spirituale alle sorti del mondo.




>Con Erri De Luca sei arrivato dunque al terzo frammento recitativo. Stavolta come è nata questa propensione?

Ho conosciuto il testo - e di conseguenza l'opera da cui è tratto - dall'amica e collega Elena Farinon, fondatrice su facebook di un gruppo dedicato alla lettura ad alta voce. Le parole di de Luca sono come un richiamo: è difficile resistere alla tentazione di metterle alla prova della scansione verbale, di apprezzare il grande effetto che suscita una prosa apparentemente scarna ed essenziale.

>Solo Andata, è poema/romanzo in versi da cui hai estrapolato i versi di Dopo. Credi anche che sia la traccia del lirismo più riassuntivo di tutto questo libro? E più in generale, l’intera opera che impressione ti ha dato?

Credo che il testo riassuma ben più che il libro da cui è tratto, di cui naturalmente condivide ed evidenzia il lirismo. In pochi e secchi concetti riassume il dibattito sulla sostenibilità del nostro modo di vivere, quindi costituisce un potente spunto di riflessione. Dell'opera ho apprezzato la mescolanza di narrativa e verso, e, naturalmente, la scelta del tema, purtroppo di sconcertante attualità settimana dopo settimana...

>Di sicuro parliamo di un’opera multi culturale e meticcia. Un tratto particolare in evidenza su tutti: “ un uomo di Napoli nascosto nel Vesuvio”, recita un verso di De Luca che evidenzi anche nelle immagini del video, tu come lo percepisci da napoletano trapiantato al nord e cosa assorbi ancora dalla “città del cratere”?

Purtroppo poco, perché vivo lontano da molto tempo. Sono figlio di migranti interni, si può ben dire. Ho percepito il riferimento come un pregevole passaggio dalla dimensione globale dei popoli esotici poco prima menzionati a quella molto più diretta di un luogo a noi vicino. Come a dire che si parla di qualcosa che non coinvolge solo gli altri, ma anzi, coinvolge principalmente noi, se l'autore prevede per i nostri lidi un tasso di sopravvivenza così basso!

> Volendo fare un’autovalutazione, tra
Valore, Gli Innumerevoli e Dopo, quale spoken words ritieni che ti sia venuto meglio sia per interpretazione che per qualità del video effect?

Sono esperienze/esperimenti nati in circostanze molto diverse.

"Valore" resta probabilmente il più efficace proprio perché più semplice, sia come testo che come composizione di immagini, giostrate con le sole fotografie dell'autore. "Gli innumerevoli" sposta l'obiettivo dall'autore alla situazione, anche perché chi parla in prima persona non è più lui, ma una sorta di coro di migranti. Alle immagini fisse sono aggiunte sequenze video, che aggiungono movimento al video. "Dopo" è una profezia, quindi possiede uno spessore e una suggestione particolari. Dei tre, è il video che ho impiegato più tempo a comporre, anche per sperimentare alcune soluzioni di montaggio che ho nel frattempo acquisito, quindi è il più elaborato, dal punto di vista dell'effettistica video.

Ivo De Palma sulle orme di Erri De Luca









Siamo gli innumerevoli - raddoppia ogni casella di scacchiera - lastrichiamo di corpi il vostro mare per camminarci sopra; non potete contarci: se contati aumentiamo, figli dell’orizzonte che ci rovescia a sacco. Nessuna polizia può farci prepotenza più di quanto già siamo stati offesi. Faremo i servi, i figli che non fate, le nostre vite saranno i vostri libri di avventura. Portiamo Omero e Dante, il cieco e il pellegrino, l’odore che perdeste, l’uguaglianza che avete sottomesso. Da qualunque distanza arriveremo a milioni di passi, noi siamo i piedi e vi reggiamo il peso. Spaliamo neve, pettiniamo prati, battiamo tappeti, raccogliamo il pomodoro e l’insulto. Noi siamo i piedi e conosciamo il suolo passo a passo, noi siamo il rosso e il nero della terra, un oltremare di sandali sfondati, il polline e la polvere nel vento di stasera.
Uno di noi, a nome di tutti, ha detto:
Non vi sbarazzerete di me. Va bene, muoio, ma in tre giorni resuscito e ritorno. (Erri De Luca)


Ivo De Palma interpreta Erri De Luca. Questa non è la prima volta. Lo sa bene chi conosce già lo spoken words su Valore tratto dalla raccolta Opera sull'acqua e altre poesie, Einaudi (2002). Performance di cui ne scrissi su un altro mio blog, qui. Un cantico delle creature secolare con cui Ivo si imbatté quasi per caso e già allora, le vibrazioni del lirismo di De Luca invitavano ad un’urgenza poetica da esprimere. Da allora, un ritorno, stavolta consapevole nella sfera di questo autore tracciando un continuum tutto da scoprire.


Ecco ‘Gli Innumerevoli’, un frame di poesia in prosa nato da un reading impersonato da Erri De Luca in persona andato in onda lo scorso maggio su Rai Tre in una puntata speciale di Che Tempo Che Fa sotto forma di un diario di viaggio da Lampedusa votato ad uno sguardo attuale quanto letterario sul problema e il dramma degli immigrati clandestini.


Dalla versione originale vi segnalo i link del video durante la trasmissione e la trascrizione dello script.


Pronti dunque a comparare due versioni bellissime quanto diverse, lo spoken words firmato da Ivo De Palma segna un fil rouge con il precedente lavoro stilistico fatto su Valore. La stessa colonna sonora, il plumbeo e cadenzato piano solo in veste semi elettronica di Giampiero Timbro sul concept GianVigo. Perfettamente aderente alla voce e al testo in un crescendo di contenuti e di forma. Una recensione densa e trasversale. Alla letteratura, all’attualità ad uno stato fisico e mentale millenario...



Con Gli Innumerevoli in un certo senso torni sulla ‘scena del delitto’. Ancora una volta ripercorri i passi di Erri De Luca. Con Valore furono una serie di circostanze fortuite a portarti a quel testo. Stavolta sembra una scelta più meditata…

Beh, sì. Avevo visto la puntata del programma di Fazio in cui lo stesso autore declamava quei versi, quindi la cosa era in fase pre-meditativa da qualche tempo. Il tema è d'attualità e, per me, che sono comunque un figlio del sud trapiantato al nord, resta un tema significativo. Naturalmente è un problema complesso, che genera spesso contraddizioni anche in chi idealmente è tollerante, ma ciò che personalmente mi ripugna è la chiusura preconcetta, che è innanzitutto chiusura mentale.

Il breve testo che reciti ha fatto parte di una narrazione in prima persona di Erri De Luca in una puntata speciale di Che Tempo Che Fa andata in onda lo scorso maggio. Quel reading di De Luca tanto realista nella lingua, diverso da te nel timbro vocale e nello stile è per te anche una comparazione, un esercizio di stile alla ricerca di una nuova veste recitativa a quelle stesse parole?

Beh, parliamo di due grandezze non commensurabili, quindi, per carità, non c'è nessuna comparazione. Innanzitutto perché lui è un grande, e io sono semplicemente uno che cerca di mettere in pratica ciò che ha imparato. Poi perché la sua è la lettura dell'autore (anche di "Valore" preesisteva una sua declamazione televisiva), e come tale ha un senso e un valore di per sé, indipendentemente da ogni altra considerazione. Il mio approccio, viceversa, non può prescindere dalla mia particolare forma di artigianato, quello che scolpisce le parole con la voce. Sono un interprete, in buona sostanza, e un interprete che si rispetti, proprio a dimostrare il valore del testo scelto, ci aggiunge sempre del suo. L'arte è daltonica, così come l'artista: nel mio caso, i colori sono quelli della voce, ed è chiaro che cerco di giocarmeli al meglio.

Il mood. Come per Valore, riscegli Giampiero Timbro alla colonna sonora con il brano L’Essenza del minimalismo 001. Segna una sorta di continuum in qualche modo, con il precedente spoken words su De Luca?

Sì, perché ho notato che quel brano, così come l'avevo assemblato per Valore, si presta particolarmente alle poesie di De Luca. Erri ha uno stile particolare. Comincia col disporre pochi elementi, di semplicità e chiarezza disarmante. Poi, via via, sviluppa concetti più articolati, nei quali sta il succo di quanto desidera comunicare. Infine, torna alla semplicità e improvvisamente chiude, con un colpo a effetto. Quel brano di Gianvigo sembra strutturato apposta per questo tipo di espressività, che ha oltretutto, esattamente come la melodia reiterata del brano, un che di ipnotico nella disposizione sintattica delle frasi, tanto che in genere la voce gioca su una certa nota, che tende a riproporre in modo volutamente mono-tonale.

Curiosità stilistica. In ciò che scrive De Luca impasta sempre lirismo secolarizzato e bagliori divini. Tu lo hai sempre calcato in una vena mai religiosa, questa volta con tanto di una problematica attuale come quella dell’immigrazione. Casualità questa assenza divina o è proprio una scelta precisa?

Beh, a me pare che in entrambe le liriche siano presenti riferimenti religiosi precisi, quindi non parlerei di assenza divina. In quest'ultimo caso parliamo proprio della chiusa del componimento. Sono riferimenti da me proposti senza retorica particolare proprio per ampliarne il valore simbolico, tanto più forte, a mio parere, quando proviene dalle labbra di un laico (anni fa fece sorridere Gorbaciov, leader dell'ateissima Unione Sovietica, che ogni tanto diceva "Se Dio vuole...").

E sulla scia di questa scelta, quali libri di De Luca consigli?

Ne ha scritti molti e non li conosco, ahimè, tutti. So che l'ultimo (Il giorno prima della felicità) è bello perché l'ho letto recentemente.


www.ivodepalma.it